Siamo stati a Verteneglio, edè un paese bello e ben tenuto. Vediamo un poco la storia.Al 1234 risale il più antico riferimento documentario alla località, presente in un atto di confinazione tra i territori di Cittanova e di S. Giorgio, quest’ultimo castello medievale alla foce del Quieto. Nel documento, il conte Mainardo è chiamato a decidere, quale arbitro, una questione vertente tra Vosalco di Momiano, Enrico di Pisino nonché il Comune di Cittanova da una parte, e Vidotto e Flabiano signori di S. Giorgio dall’altra. Tra le varie località nominate nel documento appare anche Ortoneglo (Verteneglio). Nel Cinquecento Verteneglio doveva essere già una borgata notevole se nei mesi estivi vi soggiornavano i vescovi emoniensi per sfuggire alla malaria. Sappiamo che proprio a Verteneglio, nel 1621, Massimo Rigo, vicario di Eusebio Caimo vescovo di Cittanova già canonico di Aquileia, dava una pergamena con la quale si voleva por fine alle liti sorte tra alcune famiglie buiesi per il diritto di nomina del prete addetto alla locale chiesa della Beata Vergine delle Grazie. Il Caimo, anzi, finì con il morire a Verteneglio il 18 ottobre 1640 e la sua salma fu trasportata ad Udine nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie.
Nella seconda metà del XVI secolo la borgata faceva parte delle parrocchie soggette a Cittanova, ma si apprestava a diventare parrocchia autonoma. Ciò avvenne il 27 gennaio 1580 con la visita apostolica del vescovo Agostino Valier. Come le altre località istriane, anche la nostra ebbe a soffrire le ripetute epidemie di peste. La mancanza di dati a riguardo non ci permette di affermare con certezza se fu risparmiata dal contagio prima del Seicento. Certamente non lo fu dall’epidemia del 1630 –31 che decimò la popolazione locale riducendola da 587 anime a 326. Verteneglio, dopo la peste, si riprese rapidamente. La borgata, favorita dal clima e dal terreno fertile, attirò molte famiglie dai paesi vicini, specialmente da Cittanova dove allora infieriva sia la peste che la malaria. Tra nuove famiglie che si insediarono ricorderemo i Rigo e i Busin, grossi proprietari terrieri e commercianti in legname, pollami e prodotti alimentari. Dal Friuli vennero boscaioli, artigiani, negozianti e coloni e la popolazione crebbe rapidamente attestandosi sui livelli precedenti l’epidemia. Strettamente legato alla peste è il problema della colonizzazione, intrapreso dalla Repubblica di Venezia per ridare vita all’agricoltura e all’economia in generale. L’insediamento di nuovi coloni si effettuava mediante l’investitura, per cui venivano concessi fondi e casali con l’obbligo al pagamento in natura del terratico e delle vigesime ecclesiastiche. Già sul finire del XV secolo la Repubblica di Venezia stanziò a Verteneglio e nella campagna circostante una trentina di famiglie dalmato-montenegrine, la cui presenza è documentata dai cognomi alcuni dei quali ancor oggi esistenti: Barnabà, Covra, Da Lesina (Delesina), Doz. Nel 1530 s’ebbero altri insediamenti nelle campagne di Buie e Cittanova ed, in seguito, negli anni 1540-41, furono ripopolate con Morlacchi e Dalmati le campagne abbandonate di Umago e nuovamente di Buie e Cittanova.
Va detto che questo tipo di colonizzazione non ebbe soltanto ripercussioni sulla struttura etnica del villaggio, ma contribuì anche a modificare le vecchie istituzioni sociali sino allora vigenti. Chi si stabiliva a Verteneglio e diventava proprietario di terre, dopo un decennio, poteva entrare a far parte della vicinìa, una forma assocciativa nella quale nuclei di coltivatori erano riuniti dall’uso o dalla proprietà dei terreni, dei pascoli, dei boschi ecc. Il contadino era qui un libero proprietario che coltivava i suoi poderi, oppure teneva in enfiteusi quelli dei proprietari appartenenti alla stessa vicinìa. Verteneglio era l'unica villa di Cittanova ricca di cereali, vino e olio; dalla Serenissima ricevette in affitto perpetuo il Bosco Cavalier e, nel 1574 la finida de Ortal e quella di Punta Comune in seguito usurpata dai Conti Sabini feudatari di Daila.
http://www.brtonigla-verteneglio.hr/
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